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Fine vita. Il presidente Bonaccini: “In Emilia-Romagna, in attesa di una legge nazionale che auspico, abbiamo applicato la sentenza della Corte Costituzionale, nel rispetto del principio di legalità”

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“Come ho già avuto modo di dire, ho il massimo rispetto di tutte le opinioni e di tutte le istanze, quando espresse con correttezza, su un tema così importante e delicato come quello del fine vita. Non posso dunque che ribadire tale approccio anche rispetto alla dichiarazione odierna della Conferenza Episcopale dell’Emilia-Romagna, come peraltro avevo già rappresentato al presidente della Cei, il cardinale Matteo Zuppi, nei giorni scorsi. Resto disponibile ad ogni occasione di approfondimento e contributo, certo come sono che dal confronto possano venire reciproca comprensione e collaborazione, come sempre accaduto con i vescovi dell’Emilia-Romagna”.

Così il presidente della Regione, Stefano Bonaccini, che prosegue: “Quanto al merito, non posso che ribadire quanto espresso: le sentenze della Corte Costituzionale si applicano, come prescrive la Costituzione italiana. Possono certamente essere discusse e non condivise, ma non disattese, in ossequio al principio di legalità”.

“Come noto, la Corte Costituzionale si è pronunciata per colmare un vuoto sulla materia prodotto dall’inerzia prolungata del Parlamento. E lo ha fatto, ancora una volta, chiedendo alle Camere di legiferare, di discutere e approvare una legge nazionale. E questo è anche il mio auspicio”.

“Nell’attesa che ciò avvenga- prosegue Bonaccini– la Regione Emilia-Romagna ha disposto con propri atti amministrativi le concrete modalità di accesso all’istituto del suicidio medicalmente assistito, mettendo le strutture del servizio sanitario pubblico – indicate dalla Consulta stessa – nelle condizioni di garantire questo diritto al malato, attenendosi scrupolosamente ai dettami precisi fissati dalla sentenza dell’Alta Corte. E lo ha fatto perché ciò è dovuto in uno Stato di diritto, scongiurando viceversa quanto altrove già accaduto e ancora rischia di accadere: che un paziente, peraltro in condizioni drammatiche, debba ricorrere al giudice ordinario per vedersi riconosciuto quello che, va ribadito, è un diritto ora sancito dalla Corte costituzionale. Sono certo- chiude il presidente della Regione- che sul principio di legalità anche la Conferenza Episcopale dell’Emilia-Romagna non possa che convenire”.

 

 

(1 marzo 2024)

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