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La violenza sugli uomini, da parte di altri uomini

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di Giuseppe Sciarra

Secondo varie ricerche, la violenza nei confronti degli uomini è sottostimata rispetto a quella sulle donne. L’uomo è il sesso forte e viene visto sempre come carnefice e mai come vittima; inquadrarlo come la parte che subisce una violenza è profondamente scomodo e perfino pericoloso per chi voglia avventurarsi nell’impresa eroica di togliere la maschera “pirandelliana” all’intero mondo maschile. Ci sono uomini che uccidono o si uccidono per sembrare quanto più virili possibile secondo cliché secolari che marcano a fuoco il genere maschile e fanno poltiglia della sua parte più sensibile e fragile. La storia dell’uomo da sempre vede la prevaricazione di un maschio su altri maschi come elemento portante della nostra società; per affermare un potere che salvaguardi tutti e dia la sicurezza che tale “autorità maschile” possa contrapporsi e difendere da eventuali attacchi di altri “capo branco” esterni alla propria comunità.

Rivelare che non tutti gli uomini possono essere maschi – per nostra fortuna – secondo la dura e ferrea tradizione del patriarcato, parola che in latino vuol dire “padre di una razza” e in greco è composta da due parole, “discendenza” e “comando”, la dice lunga sulle impalcature dell’educazione maschile e su quanto l’inconscio collettivo di junghiana memoria, tanto degli uomini quanto delle donne, sia imbevuto del veleno della mascolinità tossica che deve fungere da controllore dei comportamenti di ciascun essere umano minandone spesso la salute psichica e l’autenticità, a discapito dell’aspetto più importante in ognuno di noi, l’umanità e direi anche l’intelligenza.

A tal proposito, vorrei accennare, (perché scriverne nel dettaglio implicherebbe la scrittura di un saggio), di come questo controllo “violento” si manifesti nei confronti degli altri uomini, iniziando dalla sessualità. Molti padri, sin da quando i figli maschi sono piccoli, tendono a imporre in maniera esagerata, patologica e chiusa, la loro visione del mondo sulla sessualità, sulle donne e sull’approccio con esse che deve essere prevaricante, sessista e schernire possibilmente la figura femminile che, in quanto preda, deve sottostare a questo gioco crudele. La sessualizzazione del figlio maschio avviene sin dalla tenera età e non ha riguardi di ciò che lui realmente desidera o voglia essere; mentre con le figlie femmine si tende ad andare più cauti, dato che la sessualità femminile va castrata, onde evitare l’onta di una brutta nomea la cui parola inizia per la ‘p’ e finisce con ‘a’ (coniata da maschi) – la quale può infangare il retto operato del padre.

La sensibilità maschile viene bistratta e presa in giro dagli stessi padri che si auspicano per il figlio che prima diventi tombeur de femmes e prevarichi sugli altri maschi e che sia meglio per lui e per la sua reputazione (e per quella famigliare); ciò avviene in qualunque strato sociale e tutt’oggi nel XXI secolo. Se un ragazzo in età adolescenziale è più portato alla monogamia in un rapporto eterosessuale e dà modo ai suoi sentimenti di avere la meglio sulle pressioni sociali di essere a priori un Don Giovanni, gli verrà in molti casi fatto pesare, insinuando dubbi sulla propria virilità, sulla propria capacità di prevaricazione sull’altro sesso e perfino sul proprio coraggio – onde evitare ciò, in molti casi il ragazzo sarà costretto a dimostrare agli altri maschietti che si sbagliano e che lui è esattamente come loro: un putt*n***e.

Le pressioni sociali maschili su quegli uomini fuori controllo della dittatura patriarcale per il proprio approccio alla vita, le proprie passioni, i propri gusti sessuali, il proprio orientamento, la propria visione ed espressione della loro personale mascolinità, si manifesteranno con prese in giro (spesso in gruppo, perché ricordiamolo, i veri uomini affrontano quelli apparentemente più deboli in branco e mai da soli) e con le botte. Il dover necessariamente passare alle mani e ciò che viene imposto per dimostrare la potenza della propria virilità. E no, il testosterone non c’entra. Poco importa che la virilità possa manifestarsi anche con altre modalità, come ben sappiamo – ma vallo a spiegare a chi molto astutamente spinge gli uomini a esaltare la propria forza. E qui arriviamo al nocciolo della questione: il rifiutarsi di aderire alla violenza come strumento di autodeterminazione della propria mascolinità indotta è un atto di vero coraggio che però può minare in molti casi la propria incolumità.

Molti uomini si sentiranno autorizzati a provocarti, a istigarti alla violenza o a utilizzarti come oggetto delle proprie frustrazioni e viltà. Picchiare un ragazzo fisicamente più debole è una forma di abuso non riconosciuta. Per la nostra società il ragazzo vittima di violenza da parte di altri suoi simili deve imparare a difendersi perché è colpa sua e delle sue mancate reazioni a quella violenza se viene picchiato. Ma se quel ragazzo non vuole farlo perché non è nella propria indole o perché la sua fisicità non lo permette, cosa dovrebbe fare? Subire e diventare un martire?

Molti dei ragazzi che non reagiscono alle violenze fuori controllo dei pittbull da combattimento del patriarcato – i quali se amano confrontarsi con la forza dovrebbero farlo solo con i propri pari e con chi abbraccia questo tipo di mentalità – saranno devastati da questa scuola di vita poco istruttiva e molto ingiusta, cadendo in depressione e subendo l’emarginazione da parte della collettività. Credo, anzi sono certo, che chi sin dall’età adolescenziale si rifiuta di ricorrere alle mani nel conflitto con un altro ragazzo perché non è nella propria indole, dovrebbe essere maggiormente tutelato dagli adulti che dovrebbero promuovere a una sensibilizzazione/ revisione su le infinita possibilità che la natura umana da agli uomini e alle donne su cosa possono essere e su come esprimerlo, iniziando della scuola che in teoria dovrebbero educare alla vita prima di ogni altra cosa. Fantascienza? No. Ma il lavoro da fare è lungo, arduo e difficile. Questa è una guerra che vedrà i reali frutti di un cambiamento solo con le prossime generazioni e con ancora molte molte opposizioni da parte dei controllori di una virilità malata, fuori tempo massimo e disumana. Che, a pensarci, non è nemmeno virilità.

 

(10 novembre 2023)

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