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Il rischio di violenza politica potrebbe diventare reale….

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di Kishore Bombaci

Ieri, durante una manifestazione dei collettivi di sinistra a Bologna ha fatto la sua comparsa un manichino riproducente le fattezze della premier Giorgia Meloni appeso a testa in giù. Il gesto, che ovviamente, ricorda la sorte di Benito Mussolini, è stato accompagnato dal – se possibile – ancor più eversivo “ Non vogliamo la Meloni a Bologna”, come se fossero i collettivi a decidere le visite istituzionali dei rappresentati del governo.

Ebbene, questo episodio è solo l’ultimo in ordine di tempo di una lunga serie di eventi che già si sono ampiamente manifestati in campagna elettorale attraverso assalti ai gazebo di Lega e Fratelli d’Italia, per poi proseguire, all’indomani dell’esito elettorale, con minacce e offese al Presidente del Senato Ignazio La Russa e al Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni e al tentativo di impedire un convegno regolarmente autorizzato presso l’Università La Sapienza.

L’ambiente da cui provengono tali gesti ruotano attorno al mondo antagonista e alle mille sigle di cui questo è composto e richiama una forma di contestazione che non può definirsi democratica. E’ evidente che un conto è il dissenso sempre ammesso e finanche bene accetto, altro conto è il richiamo a strategie minatorie. Pare, cioè, delinearsi una forma di violenza diffusa, sottotraccia ma pronta a sgorgare come un oscuro fiume carsico con conseguenze, ahimè, pericolose ed imprevedibili.

Insomma, non è un bel clima quello che si respira in questo autunno post elettorale. E, se si considera il particolare momento storico in cui la Nazione si trova, immersa tra una serie di emergenze collegate e convergenti, è immaginabile un aumento della tensione sociale, la cui saldatura con forme di protesta antidemocratica potrebbe effettivamente risultare esplosiva.

Nella categoria di “antifascismo” ormai troppe sigle nascondono metodi squadristi che farebbero invidia a “Dumini 100 omicidi”, ma poiché esplicitati in nome del sacro totem vengono inspiegabilmente perdonati, senza che alcun intellettuale o politico di sinistra faccia rilevare la macabra contraddizione. Le forse di sinistra parlamentare e democratica niccchiano, sibilano a mezza voce qualche timida sillaba di condanna, ma sostanzialmente poi ne condividono evidentemente il background ideologico (non certo i metodi violenti, sia ben chiaro). D’altra parte, tuttavia, quando si specula politicamente sulla norma anti-rave dipingendola come un assalto alle libertà democratiche, ben si comprende che, in fondo, la base ideologica non è poi così differente.

Ormai prive di una linea politica precisa tali forze di sinistra nascondono la loro inerzia dietro la bandiera dell’antifascismo non essendo poi in grado di controllare (né di condannare) i gesti violenti condotti sotto la medesima ed evocativa simbologia.

Se financo una parte della magistratura ha fatto proprio il tema della “Resistenza” al Governo Meloni (fortunatamente stigmatizzata da altra parte maggioritaria delle toghe), si comprende che l’immaginario è di tipo novecentesco. Da una parte i buoni a prescindere, dall’altra i fascisti contro cui ogni mezzo è lecito.

Se ciò è vero, si inquadra una precisa concomitanza tra opposizione meramente ideologica e manifestazioni violente che, ripeto, non sono in alcun modo collegate in via diretta (non si pensi certo che Letta sia d’accordo con i centri sociali bolognesi, tanto per intendersi), che per eterogenesi dei fini conducono verso un assedio costante al Governo dagli esiti imprevedibile.

E, del pari, gli eventi che si protraggono ormai da mesi, lungi dl costituire mere ed occasionali manifestazioni di imbecillità umana (che, ahimè, alberga ovunque), delineano un filo rosso di violenza politica che speravamo aver sepolto per sempre nell’archivio della Storia. Questo almeno è ciò che penso. In questa escalation – che dovrebbe indignare politica e società civile – è triste notare come ci siano persone che minimizzano, fino quasi a giustificare tali eventi. O, che poi è lo stesso, a rifugiarsi in un comodo benaltrismo equiparando cose francamente incomparabili. Al momento la situazione è preoccupante, ma non ancora realmente pericolosa. Lecito tuttavia chiedersi per quanto rimarrà in questo equilibrio scivoloso prima di dover correre – sempre tardivamente – ai ripari. Sia il Presidente La Russa, sia la premier Giorgia Meloni nei loro discorsi di insediamento hanno rievocato quel terribile frangente della storia patria, quando la contrapposizione violenta delle opposte ideologie aveva provocato purtroppo cadaveri sul sentiero della piena emancipazione democratica del nostro paese.

Ora, non vorrei che di sottovalutazione in sottovalutazione, si debba trovarci nuovamente a piangere qualcuno per rendersi conto del pericolo e alzare la soglia di guardia.

 

(11 novembre 2022)

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