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“Giustappunto!” di Vittorio Lussana: Zuccate, Marchette e Menopausa in arrivo

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di Vittorio Lussana, #Giustappunto twitter@vittoriolussana #Politica

 

 

Questa settimana intendiamo astenerci dal commentare i vergognosi fatti di Ostia, per parlare, invece, di una questione apparentemente minore, che dimostra la deriva narcisista che ha imboccato la nostra società, annientata moralmente dall’avvento di quei ‘social’ che in pochi sanno utilizzare in maniera coerente e costruttiva. Stiamo parlando della diffusa non accettazione di critiche e obiezioni alla propria attività, artistica, intellettuale o professionale essa sia. Ci teniamo, innanzitutto, a sottolineare che, per questioni di linea editoriale, i nostri collaboratori si son sempre dati un limite in servizi e recensioni, al fine di rivolgere sempre un incoraggiamento in favore quelle giovani ‘leve’ che si cimentano nei loro primissimi lavori, o che sono intenti a ‘farsi le ossa’. Eppure, ogni tanto succede qualcosa di ‘strano’. Uno scrittore di fiabe per bambini, ospitato su ben 4 pagine di rivista, ha letteralmente ‘bannato’ dalle proprie amicizie di Facebook la giornalista che si era occupata del suo ultimo volume, per una semplice ‘riga’ leggermente negativa. Una riga su quattro pagine: notare bene. La frase incriminata era una ‘incidentale’, ovvero una considerazione secondaria posta tra due virgole, all’interno di un periodo sintattico più articolato. In breve, quelle 4 semplici parole sono bastate per provocare il ‘rigetto’ complessivo del servizio giornalistico. Ma anche altri episodi sarebbero da raccontare e segnalare. Per esempio, quello di un noto sceneggiatore televisivo, frequentatore di ambienti ‘Mediaset’, che poche ore prima di uno spettacolo teatrale, del quale aveva curato la regia, ha chiesto di non concedere l’accesso in sala a tutta la stampa, a causa di una critica relativa a un singolo aspetto della rappresentazione andata in scena la sera precedente. Un vero e proprio atto di censura. Tra l’altro, contro le testate ‘sbagliate’, che ancora non avevano scritto nemmeno una riga. E via dicendo con altri casi simili, il più delle volte legati a recensioni decisamente al di sopra dei valori effettivamente espressi in scena, su un palco musicale o in un libro. In buona sostanza: nessuno tollera più critica alcuna, nemmeno minima, in particolar modo nel mondo degli attori, degli autori e dei registi. Si possono esprimere solo ed esclusivamente complimenti. Le varie produzioni teatrali, tanto per dirne un’altra, pretendono – e purtroppo in molti casi ottengono – la pubblicazione del comunicato stampa di un loro spettacolo in ‘cartellone’, senza sapere che nel giornalismo è deontologicamente vietato parlare di uno spettacolo prima che esso prenda il via. Si può scrivere di una rassegna, di una mostra o di una manifestazione qualsiasi solo ed esclusivamente dopo la prima serata di repliche, o successivamente alla giornata d’inaugurazione. Al contrario, gli addetti a cinema, teatri, ma anche quelli di rassegne artistiche e musei, ritengono che i giornalisti siano, sostanzialmente, dei ‘buttadentro’, scambiando le informazioni relative a un film, a un tatro o a una rassegna artistica come un’operazione di ‘minimarketing’, di ‘passaparola’. Insomma, ‘marchette’: diciamocela tutta! Contrattazioni degne della miglior prostituzione di strada di una volta, quella di via Paleocapa in Bergamo, della stazione centrale di Milano, di viale Tor di Quinto a Roma. Ma il ‘bello’ è che, anche quando si riesce a far accettare la ‘regola’, se poi dell’evento in questione se ne analizzano pregi e limiti, meriti e difetti, ecco che puntuale giunge la ‘reprimenda’, a dimostrazione di un’arroganza e di una mancanza di umiltà che arriva a toccare gli apici dell’infantilismo. Perché di questo si tratta: di vero e proprio ‘puerilismo’. Molte giovani attrici e profumate signorine dello spettacolo vogliono solo applausi, come quando, alla fine del pranzo di Natale, la nostra nipotina di 5 anni recita, in piedi su una sedia, la poesia dedicata a Gesù bambino. E tutti i parenti, nonostante le ‘paperelle’, le piccole amnesìe e i numerosi ‘inciampi’ della piccola, sono tenuti ad applaudirla contenti, osannandola con lodi sperticate. Per carità, la nipotina di 5 anni possiamo anche capirla; ma l’attricetta di belle speranze e di non sempre giustificate velleità artistiche, assai meno. Dalle critiche, invece, si apprende molto: si migliorano numerosi aspetti di uno spettacolo; si può evidenziare la propria versatilità professionale; ci si può render conto se una professione lunga e difficile come quella dell’attore sia proprio la strada ‘giusta’. E invece, no: dobbiamo parlare o scrivere sempre bene di tutti, rischiando persino di perdere la nostra autorevolezza e credibilità. Questo non accettare le critiche è un qualcosa che, francamente, sta cominciando a disturbare anche ai più alti livelli. Il sociologo Franco Ferrarotti, da noi consultato proprio in questi giorni, sta cominciando a parlare non più di ‘divismo’, bensì di ‘autodivismo’, con riferimento a quelle immotivate sovraesposizioni da ‘selfie’ non ‘agganciate’ ad avvenimento alcuno, se non all’indiretta confessione della propria dissociazione mentale, a sua volta causata da un tremebondo e insicuro narcisismo personale. Certamente, non vogliamo fare di tutta un’erba un fascio: ci sono tanti giovani artisti che meritano lodi e successi, soprattutto tra le giovani generazioni. Ma la percentuale di ‘bamboccioni viziati’ risulta in netto incremento. Se poi ascoltiamo i discorsi di quasi tutti gli esponenti del Movimento 5 Stelle, ci accorgiamo che anch’essi continuano a ‘dribblare’ consigli e critiche, anche quando vengono loro rivolte in buona fede. Dunque, non si tratta di una tendenza relegata al territorio dei giovani artisti emergenti. Siamo, invece, di fronte a un vero e proprio dato generazionale: dissimulare sempre e comunque, anche quando si ha ‘torto marcio’, anche innanzi all’evidenza più assoluta. Questa è la regola di quel ‘mondo alla rovescia’ che è divenuta, oggi, la società italiana. Eppoi ‘caschiamo dal pero’ se qualcuno prende a ‘testate’ un giornalista, nello stesso quartiere in cui Pier Paolo Pasolini venne brutalmente massacrato 42 anni fa? Solo oggi scopriamo la ‘subcultura’ e la condizione di arretratezza di Ostia, Acilia e zone limitrofe? Gente misersabile, ‘scaraventata’ in una ‘sacca malarica’ nei primi anni ’20 del secolo scorso da un ‘buffone’ in camicia nera. Se tale questione riguardasse solamente un caso singolo, certi episodi non si ripeterebbero come una cambiale in scadenza. E’ in atto una vera e propria ‘deriva’ che non è certo colpa o responsabilità dei nostri giovani, ma di chi li ha cresciuti, mantenuti e assai male educati, all’interno di una concezione della famiglia ‘chiusa contro tutti’. Spesso, fino all’età della menopausa.





(10 novembre 2017)

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