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“Giustappunto!” di Vittorio Lussana: Le “Destre Statiche”

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di Vittorio Lussana, twitter@vittoriolussana

 

 

In questi primi decenni del terzo millennio, l’estrema destra ha ripreso ‘fiato’. Ma ciò avviene anche per colpa nostra, cioè a causa degli errori delle culture democratiche, socialdemocratiche, liberali e cattolico-moderate. Errori che discendono dal non aver impedito, in nessun modo, l’avvento di incapaci e inetti in tutti i campi e settori, creando personaggi e idoli secondo una strana forma di ‘paganesimo politeista’, che ha concesso spazio a tutta una schiera di analfabeti che parlano di etica senza possederne nemmeno un grammo, che concepiscono la Storia in quanto semplice sofismo perennemente ‘ribaltabile’, come se non esistesse nulla di empirico e tutto potesse essere negato, persino se evidente. Abbiamo tutti quanto lasciato ‘passare’ strampalate teorie ‘ucroniche’ del ‘non tempo’ che, in genere, derivano da un sapere approssimativo e tendono a ‘scaricare’ su un unico elemento le cause di ogni problematica, fenomeno o processo globale. La Storia, invece, si muove in base a numerose concause: è difficilissimo riuscire a tener ferme tutte le variabili per poter affermare che l’elemento debole di una situazione derivi da un unico ed esclusivo fattore. Sarebbe come dire che Hitler salì al potere in Germania, nel 1933, unicamente a causa della grande depressione del 1929, dimenticando gli errori commessi a Versailles dalle potenze vincitrici della prima guerra mondiale, le quali umiliarono stupidamente il popolo tedesco, predisponendolo alla ‘grande ipnosi’. Le stesse destre antieuropeiste ed euroscettiche sanno benissimo che proprio la nascita prima della Ceca e poi della Cee e della Ue, è esattamente ciò che ha impedito – e impedisca ancora oggi – ogni possibilità di ‘revanche’ dell’irriducibilismo nazionalista. L’idea di poter addossare tutte le colpe dei nostri mali sull’Europa, sull’invasione migratoria o sull’euro è il classico segnale non soltanto di una dialettica astratta e conformista, ma anche della superficialità e dell’impreparazione di chi si ritrova a contrastare tali speculazioni. Non si tratta di una destra animata da elementi interessanti, portatori di una poetica d’impatto alla Ezra Pound o del talento giornalistico di Benito Mussolini. Né ci stiamo confrontando con un movimento culturale neo-futurista alla Marinetti, o con alcuni ‘esteti’ del verso decadente come Gabriele D’Annunzio, bensì con gente totalmente priva di scrupoli, insensibile alla profondità e alla complessità dei problemi che abbiamo di fronte. Tuttavia, ripeto e ribadisco, la colpa è di tutti, non soltanto di chi, al momento, sembra riuscire ad avvantaggiarsi di una fase parzialmente favorevole: se non si riesce ad approvare in un’aula parlamentare un principio di civiltà come lo ‘ius soli’, ciò significa che siamo caduti anche noi nell’inciviltà giuridica e morale, poiché incapaci di lottare in favore di princìpi superiori, universali, etici o estetici che dir si voglia. Abbiamo sconfitto il comunismo, ma nel combatterlo ne abbiamo assorbito lo spirito determinista e la ‘piattezza’ pragmatica. Non siamo semplicemente vittime di un revisionismo ‘controfattuale’, ma stiamo addirittura teorizzando il ‘non tempo’, come se ogni cosa fosse immobile e le variabili di ogni singolo fenomeno fossero pochissime. Stiamo insomma assistendo ai ragionamenti di vecchi ‘rimbambiti’, i quali sono riusciti a trasferire nelle menti di alcuni giovani piccolo borghesi la convinzione che il pensiero sia un semplice strumento esclusivamente funzionale a ottenere consenso elettorale. Viviamo in una società di morti: questa è la verità. Una società imputridita e cadaverica, in lenta e inesorabile decomposizione: altro che ‘piano inclinato’, caro Romano Prodi… Ecco per quale motivo non emergono dei protagonisti autentici: in una società composta da vermiciattoli, scarafaggi e formiche, persino un criceto appare come un gigante agli occhi dei più. Si ricercano visioni psicologicamente appaganti alla De Maistre, che concepiva la società come un enorme laboratorio di psicanalisi in cui sottoporre il prossimo a continui esperimenti di controllo mentale. Ma si tratta di ragionamenti lontanissimi da ogni realtà sociale, la quale, invece, continua a proporre fenomeni che possiedono innumerevoli ‘concause’, come un pallone da calcio che galleggia sull’acqua sospinto da onde e correnti provenienti da tutte le direzioni. Le nostre attuali destre populiste presuppongono, sempre e comunque, l’esistenza un ‘sole malvagio’ colpevole di ogni cosa: un ennesimo, antichissimo, riverbero della cultura cattolico-reazionaria, che invece di giudicare la vita dell’uomo da un punto di vista soggettivo, individuale, umanista, preferisce ‘oggettivizzare’ un demone – Satana o Belzebù, scegliete voi – colpevole di ogni nostra sfortuna. E’ sempre la società, o qualcuno di ‘esterno’ rispetto a noi stessi, il colpevole di tutto: siamo di fronte a un gigantesco processo di ‘deresponsabilizzazione’ collettiva. Mai compare, sui volti dei Sallusti o dei Porro, ma anche della signora Merkel o dello stesso Martin Schulz, un minimo di self-analysis, di autocritica, di riflessione non superficiale. Perché se così fosse, si vedrebbero dei risultati misurabili e fattuali. Al contrario, anche degli emeriti ‘miracolati’ alla Luigi Di Maio possono aspirare al ruolo di presidente del Consiglio dei ministri, perché in una società completamente vuota e impotente non vi è alcun bisogno di ciò che è misurabile o fattuale. Tutto viene ‘calato’ nell’indeterminatezza e può essere smentito, o addirittura negato, in qualsiasi momento. In fondo, non accade mai niente: sarebbe persino interessante se emergesse una destra capace di produrre dei contenuti integrali, poiché se ne potrebbe misurare la bontà. E la sua stessa identità potrebbe apparire più chiara e definitiva per tutti, insieme alla sua effettiva consistenza culturale. Piacerebbe a tutti vivere in un mondo semplice e controllabile, nel quale è sempre possibile fare esperimenti senza doversi ‘spaccare’ il cervello, alla ricerca di un modo statisticamente sensato per comprendere un fenomeno. Ma nella realtà sociale, ciò non è possibile, né eticamente accettabile. In tema d’immigrazione, tanto per fare un esempio, cosa accadrebbe, oggi, se non esistesse l’Unione europea? L’Italia risulterebbe risparmiata dai flussi migratori? E da quale tipo di alleanza internazionale potrebbe trovare qualche forma di aiuto, per poter affrontare un problema del genere? Oppure ancora: è del tutto lecito credere che la nostra attuale ripresa economica sia resa debole dall’aver perso lo strumento delle ‘svalutazioni competitive’. Ma è a dir poco ridicolo – e persino penoso – passare le serate ad ascoltare gente che immagina una politica monetaria basata sul ritorno alla vecchia e debole ‘liretta’, la quale potrebbe permetterci di ottenere tutti gli obiettivi che vogliamo. Un pensiero debole e ridicolo, poiché presuppone che ogni vincolo all’azione della Banca d’Italia sparisca esattamente nel momento in cui non si farà più parte dell’Eurozona. Nell’epoca precedente alla nascita dell’euro, le decisioni sui tassi d’interesse della Bundesbank condizionavano quelle di Bankitalia, esattamente come ora. Nessuno può negare il forte potere contrattuale della Bundesbank all’interno della Bce, ma oggi, per lo meno, molte decisioni le prendiamo insieme alla Germania e non le subiamo come un semplice riflesso condizionato. I populismi sono pericolosi non tanto per il rischio di una resurrezione del nazismo, bensì perché, nel loro nichilistico tentativo di tornare indietro nel tempo, potrebbero drammaticamente scoprire, esse stesse, che nulla resta mai com’era prima. Vivere nel ‘non tempo’ non riproduce, né può far rivivere, quelle ‘mezze verità’ ritenute valide in una determinata epoca storica. Nella realtà sociale, tutto cambia e si trasforma, poiché ogni cosa è dotata di un proprio dinamismo. Il populismo, invece, corrisponde a una visione ‘statica’ di società. Come una vecchia fotografia ‘ingiallita’.




(26 settembre 2017)

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