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Dall’orrore alla pace a un nuovo orrore

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di Vanni Sgaravatti

Da “The ninth circle”, scritto da Sosnovyj e ripreso da Anne Applebaum nel libro: “La grande carestia”, editore Mondadori:

“Mosca si rendeva conto che tutto ciò significava l’inizio di un’altra guerra Ucraina e ricordando la lotta di liberazione del 1918 ne aveva paura e sapeva, inoltre, che grande minaccia un’Ucraina economicamente indipendente sarebbe stata per la Russia, perché nei villaggi ucraini erano ancora in tanti ad avere una coscienza nazionale e una forza morale sufficienti per accarezzare l’idea di un’ucraina unita e indipendente.
Mosca mise, quindi, in atto un piano per spezzare il potere della resistenza della nazione Ucraina, forte di 35 milioni di persone: il più infame dei piani. La forza dell’Ucraina doveva essere minata dalla carestia”.

Poesia Scritta da Oleksa Verentencenko che faceva parte del Ciclo 1933: una serie di poesie comparse nel 1943 in Nova Ukraina:

“In qualche luogo nel lontano selvaggio Nord”

Che cosa è accaduto alle risa
ai fuochi che le ragazze accendevano alla vigilia di San Giovanni
dove sono i villaggi ucraini
e i ciliegeti accanto alle case
tutto è svanito in un famelico fuoco
le madri divorano i figli
i folli vendono carne umana
ai mercati”.

 

Gli anni terrificanti della carestia artificiale che il governo pianificò con compiaciuta perversione contro l’Ucraina nel 1932-33 erano profondamente impressi nella memoria della gente:

“Dieci lunghi anni non erano riusciti a cancellare quelle tracce sanguinose a disperdere i rantoli dell’agonia di bambini donne e uomini innocenti di giovani moribondi fiaccati dalla carestia. Tali tristi ricordi continuavano ad aleggiare come una nera foschia su città, al punto da suscitare una paura mortale fra i testimoni sopravvissuti alla fame. Le voci di quello che era successo emersero solamente nel periodo in cui ci fu l’invasione nazista. I cronisti che visitarono l’Ucraina centrale durante la guerra sentivano ripetutamente raccontare storie di quella tragedia ovunque andassero”.

Nessuno mancava di menzionare, nel corso della conversazione, come qualcosa di assolutamente tremendo, i giorni di carestia attraverso cui erano passati ed a volte i padroni di casa parlavano delle loro spaventose esperienze per tutta la notte. Ma, da quel momento, chiunque citava la carestia veniva tacciato di nazionalismo e fascismo.

Solamente negli anni ’60 in Canada apparse qualche resoconto: “The black deeds of the Kremlin” e “Una giornata di Ivan Denisovic”, in cui si racconta la testimonianza di persone del Gulag, che raccontavano come in Ucraina i carri raccoglievano cadaveri e persone morenti per fame, per seppellirle. Negli anni ’80, sempre in Canada, fu prodotto il documentario “Harvest of despair”, che non fu mai distribuito, perché si considerava troppo di destra. La risposta russa non tardò ad arrivare, con la pubblicazione di: “Fraud, Famine and Fascist. The ukrainina genocide Myth from Hitler to Harvard” per negare cosa fosse successo, minimizzandolo.

Le deportazioni del 1937 e la guerra patriottica contro i nazisti degli anni ’40, misero una tomba ai racconti della più grande tragedia del ‘900 e, quando gli ucraini emigrati in Canada tentarono di raccontare cosa era successo nessuno credette loro, perché nessuno poteva pensare che uno Stato avesse pianificato il genocidio per fame delle persone che vi abitavano.

Tutti erano e sono molto ignoranti sul fatto che l’Ucraina era (ed è) un paese con propria cultura, storia, indipendenza e non era una provincia russa. Non erano paesi fratelli, in cui uno dei due, l’Ucraina, era un paese corrotto dai nazisti, che doveva essere annesso e rieducato per una generazione (parole di Stalin e di Putin). Solo che Putin questa volta ha finalmente corrotto definitivamente la democrazia americana, già plutocratica di base, ma che manteneva ancora dei contrappesi democratici.

Memore dell’esperienza nazista e di quella sovietica, in una prima fase, per Putin occorre spartirsi il mondo con gli Usa, l’unico paese in grado di contrastare l’imperialismo e l’autarchia (oltre la Cina), rafforzando insieme il modello autarchico, unico in grado di gestire e controllare le sempre maggiori disuguaglianze planetarie, attraverso coercizioni, imposizioni e spirito di orgoglio e appartenenza nazionalistica imperiale.

L’unico paese, quindi, che, in virtù del principio della potenza, può essere considerato davvero sovrano, e in qualche misura rispettato, almeno fino a quando detiene la forza per difendere tale sovranità è, per Putin, l’America.

Una alleanza tra superpotenza che possano spezzare le reni ai democratici, stroncando le pretese che siano gli individui a stabilire quali sono i diritti da rispettare, sulla base di regole uguali per tutti. Quando, se di regole si tratta, queste devono avere il volto di uomini potenti, unici depositari della volontà di stabilire l’ordine mondiale. Avendo creduto che questo era il quadro che tendenzialmente si prospettava, ho pensato che, nel caso del conflitto ucraino, la parola pace, fosse utilizzata come slogan propagandistico, contenendo in sé troppi significati e quindi nessuno.

 

 

(16 febbraio 2025)

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